giovedì 16 settembre 2010

Happy, l’incredibile avventura di Keith Richards-Massimo Del Papa


e bravo Massimo!! 

L’incanto di Keith Richards

In uscita la monografia  

Gli antichi Greci, nella fattispecie Menandro, ritenevano che “chi è caro agli dei muore giovane”: coloro che spiccano tra i mortali hanno appena il tempo d’inseguire qualche ninfa o di impegolarsi in mirabolanti duelli con le Gorgoni prima di una prematura dipartita. E’quindi ormai palese che nell’Olimpo preferiscano nettamente i Beatles, poiché quella geniale cariatide di Keith Richards è ancora (fortunatamente) tra noi. Ringraziando quindi le noncuranti elleniche divinità, chi è fan del carismatico chitarrista può godersi il nuovo libro: ”Happy, l’incredibile avventura di Keith Richards”. Scritto da Massimo Del Papa, giornalista e firma del Mucchio Selvaggio, storica rivista musicale in auge dal 1977, è edito da Meridiano Zero. TgCom ha incontrato l’autore per farsi dare qualche anticipazione.

Perché scrivere un libro su Keith Richards?
Scrivo solo delle cose e delle persone che mi appassionano.
Non è una biografia classica, in realtà volevo raccontare quello che non ho mai letto in tanti libri sui Rolling Stones, che vanno a tutti finire nell’aneddoto. Volevo raccontare un “bandito” moderno, ho cercato di spiegare chi era e chi è, di scrivere un libro dedicato anche a chi non lo conosce, narrando una vita sopra le righe e straordinaria in tutto. Il filo conduttore del libro è la convinzione che in realtà non abbia mai cercato veramente di distruggersi, nonostante un’overdose dopo l’altra. Penso che abbia un amore enorme per la vita, che viene meno quando viene meno quello per la musica, senza la quale non sa che altro fare: quando trova con chi suonare va tutto bene, altrimenti si lascia andare fino alle estreme conseguenze, come succede fino metà degli anni ’70, dopo la morte di Brian Jones. In molti scommettono sulla sua morte, ma si riprende quando trova una consonanza musicale. Tutti credono che il suo partner musicale sia Jagger, invece ha bisogno di averne uno con la chitarra, altrimenti prendono il sopravvento gli stravizi e l’abuso di droga.  Mi sono divertito ad annotare le sue variazioni nel modo di suonare, fin dagli inizi, dalla scoperta degli accordi aperti fino a quando, tormentato dall’artrite deformante, ha trovato un modo di suonare meno violento ma di una raffinatezza maggiore. Ormai riesce a cogliere sempre di più l’essenza delle note. La parabola di chi fa arte è questa: invecchiando l’artista da un lato è sempre più libero, deve dimostrare sempre meno, ma ha anche più esperienza, quindi riesce a far pesare di più la singola nota.
Come pensi stia invecchiando Keith Richards?
  Mi piace come è invecchiato, ha avuto una certa intelligenza nel farlo, da vampiro da ventesimo secolo. Un personaggio così, di un gruppo così, non aveva altra scelta, non era possibile dopo una carriera simile invecchiare con grazia, con gentilezza. Nel libro mi diverto ad analizzare le sue mutazioni d’immagine e fisiognomiche: è sempre stato brutto, ma ogni volta che usciva un disco o un tour aveva una faccia che sembrava non potesse peggiorare, ed invece…E’riuscito ad assumere l’autorevolezza che avevano i vecchi bluesman pur rimanendo un personaggio eccessivo. Nelle foto di Keith Richards c’è sempre un’energia esistenziale, sembra sempre che si muova nella foto, che ne venga fuori come nei film di Harry Potter.
Un “cattivo modello” come Keith Richards cosa può insegnare?
  Può insegnare ad essere cattivi, ma non in modo meschino, poco poetico. Se sei stronzo fino in fondo te ne prendi tutte le responsabilità, mentre vedo in giro tanta gente che vuole “peccare in grazia di Dio”. Lui invece è sempre stato una carogna ma non  ha mai piagnucolato o cercato delle scuse, si è sempre preso la responsabilità di ciò che era. Ammesso che le giovani generazioni abbiano ancora qualcosa da imparare, può insegnare come essere una carogna, un ribelle fino in fondo. Non è mai stato ipocrita, si è sempre ribellato a tutto e non ha mai chiesto scusa. Ci vuole anche una coerenza nell’essere sempre dalla parte sbagliata. Poi quello che può insegnare sono quasi cinquant’anni di musica meravigliosa. E’ sempre stata la negazione della tecnica, la dimostrazione che non occorre passare la vita sulla teoria per suonare bene la chitarra. Lui ha inventato un modo rozzo e violento di suonare, ma è praticamente impossibile per qualcun altro trovare, come riesce a fare lui, quelle tre note che arrivano dritte al cuore. Tutti capiscono quello che suona ma al contempo c’è una poesia estrema nella sua musica che può spiegare ai giovani che cosa è l’incanto. Mi piaceva raccontare la storia di uno cinico, pessimo, violento finché vuoi ma che si mette lì, immagina un grappolo di note e due mesi dopo tutto il mondo le suona e le canta. Ha da insegnare, da grande peccatore, da grande delinquente, che ha ancora gli occhi di un bambino quando parla della sua musica, a trovare la ragione per l’entusiasmo.
Come mai, nonostante la crisi dell’editoria, si pubblicano molti libri di argomento musicale?
  Molti libri sono solo astute manovre commerciali, ciniche operazioni per abbindolare il lettore. Ultimamente non ci sono i soldi e la prima cosa che non si compra sono i libri, i libri non vendono più. C’è stato l’effetto Saviano, che ha fatto guadagnare molto la Mondadori, ma ha saturato completamente il mercato, non si compra più niente, come con i dischi. Quindi il mercato editoriale reagisce con il gossip musicale, come quando è morto Michael Jackson, dove sono usciti tanti libri sull’argomento scritti molto in fretta.
Poi ci sono invece dei libri fatti bene, seri. Ho appena finito di leggere una biografia di Zappa, che si chiama “Frank Zappa, il cavaliere elettrico” di Neil Slaven. Quello è un libro eccezionale, che racconta questo personaggio immenso ed insieme ricostruisce anche trent’anni di vita, con tutte le contraddizioni e le polemiche del sistema americano. Libri come questo escono dalla dimensione musicale, diventano omnicomprensivi.
Perché hai scelto questo titolo?
 Johnny Depp sta girando un documentario su Keith Richards, che dovrebbe uscire in autunno. Dovrebbe raccontarne con immagini, spezzoni ed interviste tutta la vita.  Per casualità, s’intitola anche lui “Happy”. Ma tengo a rivendicare che non ho copiato nessuno, ci ho pensato prima io (ride N.d.R.). E’ vero che il titolo è ispirato ad una delle canzoni più famose, ma evidentemente la scelta è ispirata per entrambi anche dal fatto che, a dispetto di una vita eccezionale, anche nelle difficoltà e nelle tragedie, Richards è un uomo felice. Quindi c’è stata una consonanza di pensiero nell’intitolare un libro ed un documentario allo stesso modo.Ho scritto con amore, cercando di raccontare quello che mi sarebbe piaciuto leggere.Volevo scrivere un racconto veloce, che facesse cantare le parole, che avesse una sua musicalità. E’ stato un compito facile, perché ho scritto della vita di uno che parla grazie alla sua faccia, grazie alle immagini, grazie i suoi movimenti, come mai ho visto in nessun altro.
Giulia Caterina Trucano

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