sabato 12 marzo 2011

INTERVISTA ESCLUSCIVA CON "IL GENERALE " E RECENSIONE DEL NUOVO DISCO

di RasWalter
Stefano Bettini, in arte Il Generale, alla soglia dei 50 anni si definisce “Il Nonno del Ragga Italiano”, ma vent’anni e passa di dischi e concerti dovrebbero piuttosto meritargli il “grado” di Capo di Stato Maggiore del Reggae italiano.  Come conferma questo nuovo, bellissimo disco, intitolato appropriatamente “Veterano Vibrante”, il “Gene” rimane un artista peculiare nel nostro panorama in levare: sempre sul pezzo, sempre graffiante, sempre incisivo. Insomma, il “cantautore” per eccellenza che solo per caso, forse, canta su basi reggae e dance hall. “Veterano Vibrante”, a due anni di distanza dal precedente e riuscito “Mille Modi”, ci restituisce Il Generale in grande forma, grazie, ancora una volta, ad una “sottoscrizione popolare” che ha finanziato l’uscita del disco, e grazie ai riddim forniti dai produttori reggae più in voga della penisola. Già nelle premesse –il titolo d’apertura è “Spacco Tutto”- il cantastorie fiorentino annuncia scintille. E puntualmente ci sono: si va dai brani “antiproibizionisti” di forte impatto come “Dottor Cespuglio” e “ - Caffè + Marijuana” (l’argomento è sempre sembrato ispirare felicemente il Nostro), a quelli più “personali” come “Comunico che Esisto” e la splendida “Sull’Abisso” (su un delicato one drop); a quelli in combinations come la title track e la potente “Evasione” insieme agli Ultima Fase. A completare un quadretto assai bene assortito, c’è forse quello che si annuncia il “brano tormentone” del disco, “Quando Cominciai” in cui il veterano che vibra all’impazzata ci racconta gli inizi, suoi e della scena ragga italiana. Dopo i dischi dei colleghi “cantautori” - il salentino Treble e il romano Ginko- anche l’ultima fatica de Il Generale conferma un trend che ci piace segnalare: le migliori cose reggae ascoltate in Italia, ultimamente, forse sono proprio quelle di casa nostra.
Qui di seguito l’intervista con Il Generale

RW:
In questo nuovo lavoro ti ri-presenti al pubblico con l’epiteto di “Nonno del ragga italiano”. Gil Scott-Heron, considerato uno dei padri putativi del Rap, fece un pezzo intitolato “Message to the Messengers”, indirizzato ai suoi “discepoli” dell’Hip-Hop. Tu cosa ti senti di dire ai tuoi “nipoti” del raggamuffin?

SB:
Sì, “nonno” è anche volutamente ironico: lo uso nel senso affettuoso di dire “ma quanti bei nipotini che ho”. Senz’altro però anche per affermare di far parte di una storia che ormai ha radici profonde e che ha fatto un bel po’ di strada, anzi di strade. Alcune di queste strade continuo a batterle anche io e mi trovo benissimo con i più giovani, in altre mi trovo un po’ meno a mio agio. Il consiglio che do è quello di non confondere ispirazione con l’appiattimento. Una cosa è prendere le mosse dalla Giamaica e ispirarsi a quel sound e a quella cultura, un’altra è voler fare proprio come loro, prendendo atteggiamenti da pseudo-gangster o cose del genere. L’importante è parlare e comunicare (vedi: comunicare di esistere) e per comunicare bene e onestamente occorre parlare di quello che ci circonda e che ci tocca davvero; sennò il senso del raggamuffin viene meno e si perde tutto in un esercizio di stile o in un non-sense da accademia.
RW:
In questo lavoro torna il connubio reggae fiorentino e fumetti. Il “Veterano Vibrante” è uno dei tuoni nuovi supereroi: nel booklet ci sono schizzi sui tuoi personaggi. Quali “superpoteri” deve avere un veterano del reggae per poter continuare a proporre la sua musica in questo momento in Italia?

SB:
Tanta passione senza ombra di dubbio; ed è un super potere che risulta sempre vincente. Ti anticipo, fra l’altro, che le bozze che vedi sono anche gli schizzi per vedere di tirare su delle vere e proprie strisce super-eroistiche ambientate a Firenze. Ci stiamo lavorando e mi auguro abbia un seguito. Nell’equipe oltre a me ci sono Papa Leo di Mama Africa (la prima storica posse fiorentina) e Leonardo Masini dei De’Canters che ha curato tutta la grafica di Veterano Vibrante.
RW:
Nel disco c’è un bellissimo brano intitolato “Comunico che esisto”. La componente “intimista” nei tuoi lavori non è mai mancata: ma ultimamente sembra essere un po’ più marcata. E’ forse per te il momento di iniziare a fare i primi bilanci? 

SB:
“Nel mezzo del cammin di nostra vita …”, più i meno a 50 anni che compirò quest’anno ci si sente cosi, no? Comunque dietro gran parte del mio lavoro recente c’è l’idea di coniugare tradizione d’autore italiana e reggae/black music, sebbene il carattere intimista di molte liriche dipenda poi molto dal tipo di riddim a disposizione e dalle situazioni contingenti. Negli ultimi anni i temi della via, della strada, dei percorsi, del possibile, sono stati molto importanti per me per vari motivi, fra i quali la meditazione sullo stato in cui vivo e viviamo (ad es. la condizione forzata di “precario a tempo indeterminato” di cui parlava un brano del precedente album Mille Modi) o la filosofia di vita che deriva ad esempio dal praticare da molti anni la pratica dell’arte dell'Aikido (da cui, per dire, l’idea della linea senza confine espressa in “Lungo una linea aperta” su “Veterano Vibrante”).
RW:
In scaletta spicca, fra gli altri, il brano “Quando cominciai”. La scena reggae è cambiata da venticinque anni a questa parte. E il Generale? Ti sentiamo, ad esempio, molto a tuo agio su ritmi one drop.

SB:
Sì, inevitabilmente, comunque non è che mi senta più a mio agio su ritmi one drop che su altri, dipende da varie cose. Di sicuro scrivo cose un po’ più mature dei tempi di Stupefacente. Ma sarebbe tragico se non fosse così.
RW:
Un autore come Franco Battiato ritiene che “l’indignazione” sia fondamentale per un artista che abbia una coscienza sociale. Quanto conta “l’indignazione” nella tua produzione e quanto spesso t’indigni?

SB:
Non saprei, bisogna vedere cosa significa indignazione. Mi sembra che in giro ci sia tanta gente che esprima la propria indignazione un po’ per tutto senza poi far niente né per cambiare le cose, né per cambiare loro stessi. In questo senso è un atteggiamento che non mi piace e che sopporto poco, mi sembra più che altro un sintomo di auto-indulgenza. Poi ci sono cose su cui è sacrosanto essere indignati ma su questo sono di vecchia scuola … se mi indigno mi ribello e trovo che ribellarsi sia giusto, solo che per tanti politicanti anche della parte “buona” (fra virgolette) in questo caso poi dicono quasi sempre che sei un provocatore … 
RW:
Sei sempre stato un autore “atipico” di reggae italiano. Nessun “scimmiottamento”, nessuna “imitazione”: a me a volte la tua voce ricorda quella di un Alberto Fortis su ritmi reggae. Tu sei un cantautore vero e proprio: in questo settore, c’è qualcuno che consideri fra i tuoi ispiratori?

SB:
Sì, sono sempre stato un autore atipico di reggae italiano e mi piacerebbe anche essere considerato, proprio per i ritmi reggae usati, come un autore atipico italiano. Questo perché non mi piacciono in genere i “cantautori” italiani, con poche eccezioni (vedi il Bennato de “I buoni e i cattivi”, il Gianfranco Manfredi di fine ’70, oppure Gaber, Camisasca e Battiato del periodo Bla Bla, … ma questi tre chiamarli cantautori sarebbe piuttosto riduttivo); sebbene molti cantautori abbiano scritto in mezzo al loro repertorio canzoni bellissime, non solo i cantautori propriamente detti da Faber a Guccini, e non solo Mogol/Battisti, ma anche canzoni “leggere” italiane: in un mare desolante ce ne sono di bellissime; come, per dire, “Un corpo e un’anima” di Wess e Dori Ghezzi -non so chi l’ha scritta ma sono un grande fan di Wess che fra l’altro ha fatto dei dischi super funk purtroppo pochissimo conosciuti- o anche “E la luna bussò” di Daniele Pace e che, cantata dalla Berté, è stata un pezzo di reggae italiano ante-litteram. Per quel che mi riguarda, prendo di qua e di là, non ho miti, magari riferimenti, ad esempio nel finale di “Meno caffè più marijuana” su Veterano Vibrante c’è un omaggio consapevole al maestro Rodolfo de Angelis, un grande autore italiano degli anni ’20, famoso più che altro per “Ma cos’è questa crisi”, ma in realtà autore di tantissime canzoni caratterizzate dai suoi “peperepe” e simili, appunto come il finale del mio pezzo. Alla fine di solito mi ispirano più cose che leggo, cose che ascolto per caso, o chissà quali altri fonti piuttosto che cantautori generi musicali specifici.
RW:
In definitiva, cosa ti aspetti da questo nuovo cd “Veterano Vibrante”?

SB:
Di essere valutato per quello che sono. Senza avere alle spalle case discografiche che ti promuovono, senza fare gli interessi di qualcun altro, senza avere scadenze obbligate … così come sono o, meglio, così come suono ... so che è utopico ma mi piacerebbe essere considerato per quello che faccio così com'è o, per dirla in un'altra maniera, mi piacerebbe se quel che faccio semplicemente arrivasse a un po' di gente fuori dagli schemi del reggae o di quel che è, e che qualcuno lo trovasse interessante, pregevole o magari addirittura notevole. Magari se mi date una mano ...

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