venerdì 7 novembre 2025

Il giornalista Gabriele Nunziati licenziato per aver chiesto ai funzionari dell'UE se gli stessi principi applicati alla Russia dovessero essere applicati anche a Israele

È stato letteralmente licenziato dopo aver chiesto ai funzionari dell'UE se gli stessi principi applicati alla Russia dovessero essere applicati anche a Israele. Un chiaro segnale di autoritarismo, con la libertà di stampa che scivola a livelli abissali in Italia e nell'UE.


Mentre in tutto il mondo il caso del collega @nunziati97 desta scandalo, qui in Italia è già calato il silenzio, secondo le più tristi usanze. I colleghi dell’Agenzia Nova hanno rilasciato un comunicato che rappresenta una delle cose più tristi mai lette personalmente nel mondo giornalistico, secondo solo al post in cui i colleghi della redazione per cui lavoravo mi definivano “ex collega”, profondendosi per il resto nelle stesse scuse vittimistiche e autoriferite che leggo qui.


Questo è lo stato del lavoro giornalistico in ltalia: qui non si vede uno straccio di organismo sindacale, c’è un direttore responsabile che si copre dietro i suoi redattori e non prende mai la parola come tale, c’è un vittimismo ridicolo e una preoccupazione palese solo per sé stessi, senza minimamente prendere le difese dell’unica vittima, c’è la mancanza totale di senso etico e deontologico oltre che di solidarietà di classe, nonché la mancanza totale della  grammatica minima della libertà di informazione, tale per cui si rivendica una autonomia astratta e generica, senza dire una parola sulla lesione concretamente avvenuta di quella reale.


Per me, sinceramente, questa storia è un po’ un déjà-vu, con tante differenze del caso ma anche tante similitudini con la mia vicenda personale. E devo dire che la cosa mi intristisce molto, perché vedo come tanti colleghi sono nell’imbarazzo a trattarla. Probabilmente perché alcune prassi, come quella di stabilire dall’alto quali domande un giornalista sul campo debba fare e quali no, sono ritenute del tutto normali, quando normali non sono affatto.  


“Il lavoro è solo lavoro”: ogni tanto sento qualcuno sostenere questa idea, quello che vogliono dire è che non si deve allegare al lavoro la realizzazione delle proprie ambizioni. Ma questa visione per me è sbagliata. Il problema è semmai il tipo di ambizioni che si hanno. Se solo per sé stessi e il prorio infimo prestigio personale, o fare la propria parte per una società differente. Aspirare ad affermare un’etica sana, valori umani, trattare le persone con rispetto senza calpestarle, usarle, sfruttarle e all’occorrenza poi appallottolarle come una carta straccia e lanciarle nel cestino della spazzatura. Mentre facciamo, inventiamo, creiamo, eseguiamo, sperimentiamo, applichiamo, e tutto il resto che si fa quando si lavora, la nostra ambizione sul lavoro dovrebbe essere quella di realizzarci come brave persone che contribuiscono a una società del rispetto reciproco. Questa è un’ambizione che vale. 



Nessun commento:

Posta un commento