venerdì 7 novembre 2025

Arresto di Almasri, Casarini: “C’è la mano dei servizi segreti italiani, non vogliono che parli a l’Aja”

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Arresto di Almasri, Casarini: “C’è la mano dei servizi segreti italiani, non vogliono che parli a l’Aja”

Sul caso Almasri, intervista a Luca Casarini: “Italia e Libia hanno interessi convergenti, la priorità è che Almasri non parli”.

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A cura di Antonio Musella

 

Alla fine Najeem Osama Almasri, l'ex capo della polizia giudiziaria libica, capo della milizia Rada, responsabile dei lager di tortura per migranti nell'area di Tripoli, è stato arrestato. Non dal governo italiano però, che lo aveva riaccompagnato in Libia con un aereo di Stato, ma addirittura dai libici stessi. La storia del caso Almasri, su cui pende un mandato di cattura della Corte penale internazionale per crimini contro l'umanità, rischia di essere ancora molto lunga. Da un lato le figuracce dell'Italia, che ha reso una giustificazione piena zeppa di contraddizioni e buchi neri all'ente di giustizia internazionale sulla mancata consegna del ricercato libico, dall'altro le pagine ancora da scrivere su cosa accadrà adesso.


Il boss della Rada era stato prima scaricato dal governo di Tripoli guidato da Dabaiba, che lo aveva considerato un criminale e stupratore, poi era stato rimosso dalla guida della polizia giudiziaria libica, infine si era dato alla fuga in virtù dei nuovi equilibri interni libici e del nuovo ruolo della milizia 444 di Misurata guidata da Mahmud Hamza, divenuta la milizia prevalente tra i signori della guerra libici surclassando la Rada. Inoltre il quadro degli equilibri politici libici ha avuto una ulteriore sterzata con l'ascesa del figlio di Haftar, capo del governo della Cirenaica. Saddam Haftar, a capo della milizia Zariq Ben Zayed, è il nuovo boss del mare.


Arrivato anche in Italia nell'agosto scorso per un viaggio misterioso, Haftar ha preso il posto di Almasri nella gestione criminale dei flussi di migranti dall'Africa verso l'Europa, con una influenza specifica sulla Guardia Costiera libica, finanziata ed armata dall'Italia. Insomma Almasri oggi ha un potere molto limitato rispetto a quando fu arrestato in Italia nel gennaio del 2025 e poi riaccompagnato in Libia invece di essere consegnato alla Corte penale internazionale. Ma resta custode di segreti ed accordi, soprattutto tra l'Italia e la Libia che potrebbero mettere in gravissimo imbarazzo il governo Meloni. Tra i primi a denunciare la storia di Almasri e a diffonderne la notizia dell'arresto in Italia, furono Refugees in Libya e Mediterranea Saving Humans. Proprio con Luca Casarini, fondatore di Mediterranea Saving Humans abbiamo provato ad analizzare la situazione alla luce dell'arresto del boss libico.


La vera cartina di tornasole, se fosse davvero un'operazione genuina, è se lo consegnano alla corte dell'Aja o meno. La Procura di Tripoli non è certo una garanzia di democrazia e di giustizia. Non si può leggere come una vittoria l'arresto di Almasri in Libia, che evidentemente è stato organizzato dall'Italia. Noi abbiamo notato diversi viaggi di Giovanni Caravelli, capo dell'AISI, i servizi segreti per l'estero, in Libia a colloqui con il procuratore generale di Tripoli.


E' lì che hanno organizzato questa messa in scena, perché l'Italia aveva bisogno di coprirsi, dal un lato sul caso Almasri stesso, esploso nell'opinione pubblica italiana, ma dall'altro lato avere la sicurezza che Almasri non fosse catturato da nessuno. Il grande tema è che non deve partire il processo del tribunale dell'Aja. Almasri non deve parlare. Pochi mesi fa è stato arrestato in Germania Khaled al Hisri detto Buti, ed era uno stretto collaboratore di Almasri, e deve essere consegnato alla Corte penale internazionale, e ora c'è anche Almasri in mano ai libici. Intanto Buti non è stato ancora consegnato nonostante l'arresto sia del luglio scorso. Almasri in questo momento è una carta nelle mani dei libici, perché se volessero davvero consegnarlo alla Corte sarebbe un problema per l'Italia.


Perché sarebbe un problema?


Perché Almasri potrebbe raccontare i suoi rapporti con i servizi segreti italiani. Potrebbe raccontare i suoi viaggi in Italia, lui entrava in Europa sempre dall'Italia, tutte le volte, e riparte dall'Italia. Poi ricordiamoci che Almasri in Italia viene arrestato a Torino dopo aver assistito allo stadio all'incontro Juventus – Milan a gennaio 2025. Non credo proprio che Almasri sia andato a vedere la Juve. Gli stadi, tecnicamente, sono dei luoghi in cui è impossibile fare intercettazioni, per la concentrazione di folla e soprattutto di dispositivi elettronici che disturberebbero le intercettazioni. Almasri allo stadio è andato a incontrare qualcuno allo Juventus Stadium e ricordiamoci che la curva dello stadio della Juve vede la presenza della ndrangheta come emerge dalle inchieste giudiziarie. Il suo tour in Europa lo aveva fatto per rinsaldare i suoi rapporti di affari con le mafie locali e con le aziende europee. E' un uomo d'affari, e tra questi affari ci sono i lager per migranti.


Sono i libici che hanno fatto fuori Almasri, ancor prima di arrestarlo, cosa c'entra l'Italia in questa operazione?


Loro hanno sempre fatto così, è una dinamica che si ripete ed è fatta da mafiosi che hanno preso le istituzioni, tutto è mescolato tra legale e illegale, e questo grazie al supporto italiano, è l'Italia che ha deciso di imprimere alla Libia questa involuzione, cioè che le mafie diventino istituzioni. L'Italia ha implementato le milizie, per metterle al servizio di due cose, la prima è quella di mettere in sicurezza gli affari dell'ENI in Libia e la seconda è quella dei migranti. E sui migranti lo ha fatto senza l'esistenza di nessuna emergenza, noi siamo il decimo paese per accoglienza in Europa rispetto al numero di abitanti, i numeri degli sbarchi sono assolutamente nella media degli ultimi 10 anni. L'Italia si imbarca in questi rapporti con i libici per pura propaganda politica. Qui non c'è un problema di emergenza sul fronte migranti, lo fanno per speculazione elettorale, quindi è ancora più scandalosa la vicenda. E' una macchina elettorale che lavora su questi rapporti, ed è evidente, basta sentire la Meloni sugli inutili centri in Albania. Quindi dobbiamo dedurre che i servizi segreti italiani sono messi all'opera, come anche per la vicenda Paragon, per un problema elettorale del partito di maggioranza. Questo è un uso degli apparati di Stato e del segreto di Stato per esigenze elettorali. Non mi sembra un comportamento da statisti.


In questi mesi in cui sono cambiate tante negli equilibri interni in Libia, come si stanno comportando le milizie che in mare vanno a caccia di migranti?


In mare si è avuta una escalation dell'uso della forza da parte dei libici, non contro i migranti ma direttamente contro le navi europee delle Ong, in acque internazionali. La cosa più eclatante sono stati gli spari alla Ocean Viking, venti minuti di spari delle imbarcazioni libiche contro la nave di ricerca e soccorso. Ma poi abbiamo avuto il caso di Mediterranea con le minacce armate in mare. Poi c'è quello che ha fatto Saddam Haftar, il figlio di Haftar, con la nave Zareq Ben Sayed, una nave militare donatagli dagli Emirati Arabi, che viene utilizzata per catturare i migranti in zona maltese, perché Haftar ha un accordo diretto con Malta. Ma ne ha uno anche con l'Italia, Saddam Haftar è stato ricevuto a Roma da quello che sappiamo, e quello che gli è stato chiesto è di coprire la zona tra Malta e Italia, che è una zona dove non interviene nessuno. Malta non interviene mai e non soccorre mai, quindi viene chiesto ad Haftar di fare il lavoro sporco e di catturare i migranti tra Malta e Italia e riportarli in Libia. L'ultima volta che Haftar è intervenuto ha sparato in faccia ad un ragazzo che era in mare, che ancora è in cura qui in Italia a Catania, con un lanciarazzi, e poi ha colpito alla gamba con colpi di mitra un altro ragazzo. Questo è avvenuto contro una barca alla deriva da giorni, l'Italia è intervenuta solo dopo 15 ore a salvare quelle persone che sono state sparate dalla milizia di Haftar. Quindi noi abbiamo un innalzamento importante dell'uso della forza da parte dei libici ed il silenzio delle autorità sia europee che italiane.


La gestione dei lager per migranti invece è rimasta uguale a quella che si aveva con Almasri?


Assolutamente sì. I lager governativi non sono mai stati diversi da quelli non governativi, questa è una bufala che si è inventata l'Italia. I libici stanno facendo uno sforzo di comunicazione provando a presentarsi come un paese democratico e ripulito, ma non è così dalle testimonianze che noi abbiamo. Il traffico dei migranti in Libia è gestito dalla polizia, dalla guardia costiera e dalle milizie, tutti insieme, è un sistema mafioso che si nutre di tangenti illegali e finanziamenti legali. La Procura di Tripoli che ha arrestato Almasri sul traffico di essere umani chiaramente tace e non vede, perché da questo dipendono i loro stipendi. La Libia è pagata dall'Italia per fermare i migranti. E' un sistema unico. Faccio un esempio, la milizia Brigata 111, che ha come riferimento Abdul Salam Al Zoubi, sottosegretario alla difesa del governo di Tripoli, che Piantedosi ha incontrato a Roma il 4 settembre scorso, è quella che ci ha minacciato in mare puntandoci i mitra contro. E poi due giorni dopo ha scaricato i migranti davanti alla nostra nave gettandoli in mare. E tutto questo è provato. Insomma Almasri non ha più una posizione di vertice, ma gli accordi con l'Italia restano solidi con altre figure. C'è una convergenza di interessi tra Libia e Italia. Nel fare fuori Almasri, dopo l'arresto in Italia, hanno contribuito i nostri servizi segreti che hanno fatto presente al governo di Tripoli che Almasri era ormai bruciato. Questo è davvero inquietante.

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