lunedì 26 febbraio 2024

Vito War: i primi anni del reggae a Milano

https://pezzate.wordpress.com/2023/02/06/vito-war-reggae-a-milano/


Apriamo con questa intervista la serie di storie del reggae italiano, dove i pionieri della cultura ci raccontano come è andata e cosa è rimasto impresso nei loro fumosi ricordi anni ’80.


Senti ma i primi ricordi tuoi del reggae: che anno era, che situazione c’era?

Nel 1978 alle superiori già compravo dischi in generale, ascoltavo tanti generi e ti dirò a volte si compravano album anche solo per conoscere gli artisti, anche perché magari si presentavano bene con una bella copertina. In quel periodo acquistai Exodus e fu la svolta nei miei gusti musicali da allora non posso fare a meno di una buona dose in levare giornaliera.


Teniamo presente che si arrivava da un periodo molto buio per i concerti: da qualche anno l’Italia era fuori dal giro dei tour di star internazionali per via delle contestazioni e autoriduzioni degli spettacoli. L’arrivo in città di Bob Marley era stato preceduto da svariate promozioni, era vissuto come una grande novità.

Il negozio Ricordi, in piazza del Duomo, mise la chitarra di Bob Marley in vetrina, con tutta la discografia. Le riviste musicali avevano la pubblicità di Survival con il lancio del tour. Al Parco Sempione arrivò il Babylon by bus per promuovere il disco. Annunciarono che chi aveva i dischi di Bob Marley poteva passare al bus e ricevere dei gadget: magliette e spillette, adesivi. Io già da REGGAE FAN mi presentai con tutta la discografia di Marley e mi dettero un sacco di materiale.

Poi che dire, la notte del 27 Giugno a San Siro poi era arrivata gente da tutta Italia: primo concerto in uno stadio italiano, prima grande superstar del Terzo mondo con un’aura speciale. In quel momento era esploso tutto, per questo se ne parla ancora. Comunque teniamo sempre ben presente che l’anno prima, nel luglio 1979, venne a Milano PETER TOSH: sicuramente con numeri ridotti rispetto ai centomila di San Siro, fece un gran concerto al Velodromo Vigorelli.

Per molti sicuramente dopo un pò la moda Marley passò. Per altri invece nacque una voglia matta di scoprire di più di questo suono che arrivava da una piccola isola caraibica chiamata Jamaica. Le case discografiche cominciavano a pubblicare nuovi cataloghi: per esempio Virgin Frontline con artisti come Aswad, Prince Far I, Steel Pulse, che si iniziavano a trovare normalmente in negozio.



Il riferimento per noi era Londra, la Giamaica la vedevi sull’atlante, chi è che ci andava nei primi anni ’80… Andavi al Carnevale a Notting Hill. A Londra, stavi una settimana e tornavi con molte cassette registrate giorno e notte dalla radio. Le radio pirata erano fantastiche.


Poi dai negozi ti portavi a casa i cataloghi per l’acquisto per corrispondenza. Per noi tutti è stata la cosa più devastante: fondamentalmente comperavi dischi leggendo solo un titolo, conoscendo bene o male qualche autore. Di 50 singoli comprati a scatola chiusa un bel pò li potevi buttare via perché non ti piacevano… ahahahaha quanti soldi si sarebbero potuti risparmiare… ma l’emozione dell’arrivo del pacco con i vinili da Londra era insuperabile.


Con gli altri italiani c’erano già contatti all’epoca del concerto di San Siro?

No, al concerto Bob Marley aveva gettato i semi ma poi c’erano stati un po’ di anni in cui ciascuno per conto suo cercava il modo di proporre questo suono alternativo rispetto alla discoteca classica. Prima del Leoncavallo, a Milano, io frequentavo la discoteca MANDALA che ora è conosciuta ai più come Hollywood. Ai tempi era l’unico posto dove si ballava anche la musica di Bob Marley: in quel momento era un locale alla moda ma alternativo.


Primo concerto?

Al Leoncavallo, gli Irie, A Shango e una cantante brasiliana con un altro gruppo. Era un mini festival, c’è anche la registrazione, 1986.

Ma la gente lì al Leo straniva?

Sì straniva ma aveva voglia, ci veniva. Girava tantissima gente, si usciva, a casa non c’erano distrazioni: alle 8 eri al bar con gli amici, non vedevi l’ora di uscire. Andavi ai concerti anche per vedere i gruppi, cosa c’era in giro, cosa facevano. Eri più aperto mentalmente alle nuove scoperte, adesso tutto è facile da trovare. All’epoca dovevi andare ai concerti, andare a prendere i dischi, non c’era Spotify per darti gli input.


Poi tramite i centri sociali le varie scene locali si sono collegate.

Sì, inizi a sentire in giro: in Piemonte c’è un gruppo a Pinerolo che si chiama Africa United, in Veneto i Puff Bong, a Bari i Different Style. Girano le fanzine da Savona, da Bari: io ne prendevo 50 copie da distribuire qui a Milano. Tutte le persone che volevano sviluppare e promuovere il reggae in Italia a quel punto si conoscevano e hanno iniziato a interagire. Quando sono entrato al Leoncavallo, nel 1986, i pionieri nelle varie realtà locali erano tutti collegati. Africa Unite: li ho portati io la prima volta a Milano. Sud Sound System idem, prima data fuori dal Salento, 1989.

Sempre nei miei ricordi più belli aver portato i DIFFERENT STYLE di Bari a suonare nella sede storica del Leoncavallo. Sul blog della trasmissione radio che conduco, durante la pandemia, ho tirato fuori cose che non sapevo neanche di avere: Pablo Moses oppure Dillinger all’Odissea 2001 nel 1981. Ai tempi erano pieni zeppi quei concerti.

Le disco in che momento sono arrivate con il reggae? Era mescolato con l’afro?

Milano da bere, metà anni ’80. Lo Zimba con Walter Rizzi al Gratosoglio. Dopo presero l’Odissea, che divenne Zimba per un po’ di anni, ma era un’altra cosa, si diceva che fossero immanicati con i socialisti. Portarono un sacco di concerti. Fela Kuti, Touré Kunda, artisti di spessore.


Al Leoncavallo era diverso: quando ho fatto suonare i Different Style… c’era bisogno di noleggiare un pianoforte. Mi davano del matto all’assemblea. Un macello che non ti dico. Volevo far pagare il biglietto 5000 Lire, un casino mettersi d’accordo. Eravamo pionieri.

Io non mi chiamavo Vito War, ero Vito. Poi un tipo mi regalò una videocassetta di Roots Rock Reggae e ci mise la dedica a Vito War, perché giravano i Sud Sound System con il loro DJ War. Per emulazione si vede mise Vitowar. Quando è iniziato il fenomeno delle Posse, avevo messo Leoncavallo in inglese e via, fatta la Posse. I Lion Horse Posse in sostanza erano le mie serate. Poi dopo è arrivato il disco e LHP è diventato oggetto di tutti.

Quando sgomberarono, nel 1990, Alan Ford uscì con un numero dove nella storia si raccontava dello sgombero di una struttura e il protagonista per difendere lo spazio si incatenava alla porta di una saletta e in molti pensarono alla mia saletta reggae FLASH IT all’interno del salone del Leoncavallo . Le serate erano enormi, da non avere idea. Storiche le battaglie con le lattine di birra a fine serata, tipo decine di persone che giocavano a calcio con i vuoti rimasti per terra, un disastro.


Eri andato prima in radio o in Fiera di Senigallia?

In radio. Veniva Gregory Isaacs al Rolling Stone. Paolino Minnella mette in palio due biglietti per chi riconosce l’artista. Lo chiamo e gli nomino The cool ruler. Al che, fuori onda, mi chiede chi sono e come mai conosco il reggae. Dal che viene poi al Leo. Quando la Gialappa lasciò la Radio, rimase un buco la domenica notte. Paolino mi propone di fare la trasmissione, domenica alle 11, a me sembrava già tantissimo. Siamo andati avanti insieme qualche mese poi ho proseguito da solo sino ad oggi 2023, anno 35 di trasmissione.



Che anno era?

La registrazione più vecchia che ho è del 1988. Però una volta una ragazza mi dice: “Ascolto reggae ancora da quando ero nella pancia di mia madre, nel 1988”. Perciò può darsi che fossimo in onde anche nel 1987. Diciamo 1988 e va bene cosi.


Quindi poi banchetto in Fiera? Che sbattimenti ti facevi Vito?

A volte capitava che facevo la serata al venerdì e non andavo neanche a dormire, andavo diretto dal tipo in via Vigevano a caricare il furgone dei dischi. Poi mi facevo un pisolino in furgone sul presto. Vendevo dischi e cassette. Ero amico di Francesco di Zion, il distributore, branca lombarda di Good Stuff, poi Jahmekya aveva rilevato il suo magazzino per il negozio all’Isola. Cassette in quantità industriale: quella con No, no, no di Dawn Penn credo l’abbiano comperata centinaia di persone che non erano del reggae. Appena la mettevamo arrivava la gente, non finiva la canzone che l’avevi venduta, da morire dal ridere. Mi chiedevano tutti le cassette delle serate. Avevo i duplicatori, in assistenza mi chiedevano spiegazioni perché gli portavo le cinghie consumate ogni due mesi. Poi sono arrivati i CD.


Tieni presente che io le prime serate Reggae le facevo con un mangianastri e un giradischi. Al Leoncavallo avevo un solo giradischi, un ghetto blaster con il controllo per passare da una cassetta all’altra mentre suonavo. Poi a 50 mila lire per volta abbiamo preso il primo Technics. Poi 50, 50, 50 e arriva il secondo. Una volta costava un milione il Technics 1200. Nella saletta reggae portavo il televisore della sala principale, ogni settimana, per proiettare con la VHS i primi videoclip tipo UB40, le prime cassette del Sunsplash. Ogni volta gli portavo via la TV e con gli anziani del centro una discussione infinita. Situazioni primordiali.


In quel momento si è un po’ mescolato tutto con l’arrivo del rap?

Mah sì, per dire arrivano i Krama Posse che cantano in milanese, metto io le basi. Non era rap, era più ragamuffin. Krama Posse era il degenero ci divertivamo un casino senza prenderci troppo sul serio. Ma era una cosa così, poi è finita nel nulla. Altre volte era andata diversamente, per esempio con le compilation delle major.





Le tue due compile che anni erano?

Reggae Radio Station Vibrazioni Italiane di Radio Popolare, credo 2001. Frequenze Positive della V2 è del 2003, mi riconobbero anche delle royalties per averle realizzate. Le posse funzionavano, era underground ma poi le major comprarono i cataloghi delle etichette indipendenti.


Il mio ricordo è che verso il 1993-1994 poi le cose erano cambiate, si iniziavano ad avere molti più i dischi, gli impianti autocostruiti.

Con la passione le cose si sviluppavano, si importava e si adattava. Anche Tino del Rivaverde si era fatto costruire il mixer a Londra. Poi c’era chi aveva l’impianto e riusciva a fare cose, chi aveva il locale e non poteva far suonare un sound. La cosa è a 360 gradi: sono il primo a dire che se suoni con il vinile sei il migliore. Ma perché io non posso suonare con i cd oppure ora con gli MP3? Cosa cambia, che problema hai?


Ma i tuoi ricordi delle serate migliori?

Rivaverde: 2-3 anni che facevo ogni sera dal primo giugno al 30 settembre, nel 1997-1998. Mettevo di tutto. Poi quando ha chiuso ho fatto 2 anni al Bar Bosco sempre in Idroscalo a Milano, migliaia di persone al sabato sera. I primi Magnolia. Adesso con 500 persone è già speciale. Siamo in un periodo basso, c’è anche un surplus di offerta perché tutto è facile anche per chi suona, la qualità si perde. La pandemia ha bloccato tutto: ero rimasto l’ultimo baluardo a portare le band dal vivo, a fare un concerto per iniziare la serata, a presentare e far conoscere le reggae band nuove del nostro paese.


Birrerie, scantinati, circoli di tutte le specie, Rolling Stone e City Square, Idroscalo, ho suonato ovunque.. Ma la gente viene alle mie serate perché facevo divertire tutti, non solo i malati di reggae. Fondamentale per me e stato capire subito non puoi mettere la stessa musica in tutte le location ogni pubblico e diverso e dare un’impronta alla serata e un bel esercizio e se misceli i generi la scena secondo me ne guadagna.





Per me non è una cosa che fai per sfizio una volta ogni tanto: 30 anni di notturne rappresentano una passione vera per il genere. E’ così che poi uno come Rodigan ti manda gli auguri per il compleanno: lui ha 45 anni in radio, 10 più di me. Ho fatto un viaggio con lui da Modena a Milano: non ti dico i pull up con l’autoradio, un viaggio che non dimenticherò mai più. Certe cose che abbiamo fatto insieme si basano su una storia di decenni. Facevo la classifica e la mandavo via fax da Radio Popolare a Kiss FM, lui aveva la famosa trasmissione lì. Poi nel 2001 al Summer Jam, ero nel backstage con il pass della radio, lo incontrai per la prima volta di persona. Emozione stylee… Finalmente lì ci siamo conosciuti dopo anni che lo registravo nelle cassettine delle radio pirata a Londra.

Ok penso possa bastare ahahaha. Continuate a seguirmi se volete sulle mie pagine social!


Irie irie da Vitowar!


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