martedì 26 giugno 2018

Migranti e rifugiati fanno bene all'economia

http://www.lescienze.it/news/2018/06/25/news/migranti_rifugiati_vantaggio_economia-4024732/?refresh_ce

L'analisi di trent'anni di dati relativi all'Europa occidentale, compresa l'Italia, suggerisce che sia i migranti economici sia coloro che chiedono asilo per motivi umanitari portano vantaggi misurabili all'economia delle nazioni che li ospitano entro pochi anni dall'arrivo. I dati mostrano che la disoccupazione cala, e l'economia diventa più forte e più sostenibile

Rifugiati e migranti alla ricerca di paradisi sicuri e opportunità avvantaggiano le economie delle nazioni che li ospitano entro cinque anni dall'arrivo, suggerisce un'analisi di trent'anni di dati riguardanti 15 paesi dell'Europa occidentale.

Lo studio rileva che subito dopo un picco nella migrazione, la forza complessiva e la sostenibilità dell'economia del paese migliorano e i tassi di disoccupazione calano. Le sue conclusioni contraddicono l'idea che i rifugiati impongano un eccessivo onere finanziario su un paese, assorbendo risorse pubbliche. Lo studio è stato pubblicato su "Science Advances" il 20 giugno.

"Alcuni dicono che vorrebbero accogliere i rifugiati, ma non possono permetterselo", dice Hippolyte d'Albis, dell'Ecole d'économie de Paris e del CNRS francese, che ha guidato il lavoro. "Ma abbiamo dimostrato che storicamente non è stato un costo, e che se non si accolgono gli immigrati, l'economia potrebbe peggiorare".
D'Albis e il suo gruppo hanno utilizzato un modello matematico che usa indicatori economici annuali per fare previsioni sul futuro a seguito di forti shock, come i disastri naturali. In questo caso, gli eventi erano gli afflussi di immigrati. I ricercatori hanno esaminato separatamente gli effetti dei migranti – che sono legalmente autorizzati a stabilirsi in un paese – e i richiedenti asilo che risiedono temporaneamente in una nazione mentre vengono analizzate le loro domande di status di rifugiato.

Molti dei richiedenti asilo inclusi nello studio erano quelli fuggiti dalla guerra nell'ex Jugoslavia negli anni novanta e quelli che sono arrivati di recente dalla Siria. L'analisi ha esaminato le condizioni dal 1985 al 2015 in Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda,
Islanda, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Spagna, Svezia, Portogallo e Regno Unito.

Per valutare il benessere economico delle nazioni, i ricercatori hanno misurato i redditi medi nel corso degli anni, dividendo il prodotto interno lordo (PIL) di un paese per il numero di abitanti. Hanno anche calcolato una variabile chiamata saldo di bilancio, che sottrae la quantità di denaro speso da un paese in programmi statali, come il welfare, dall'ammontare di denaro raccolto attraverso le tasse.

Il modello suggerisce che entro due anni da un afflusso di migranti, i tassi di disoccupazione calano significativamente e la salute economica aumenta.

È probabile che questi effetti dipendano dal fatto che i migranti aumentano la domanda del mercato, forniscono servizi, aggiungono posti di lavoro e pagano le tasse.

Lo studio ha dimostrato che queste attività economiche superano di gran lunga i costi governativi dei nuovi arrivati, il che può essere in parte spiegato dal fatto che gli immigrati tendono a essere adulti giovani e di mezza età che sono meno dipendenti dai benefici statali degli anziani, spiega d'Albis.

Anche i richiedenti asilo sono di vantaggio per le economie, ma i loro effetti impiegano più tempo a manifestarsi – da tre a sette anni – e il vantaggio è meno ovvio. A differenza dei migranti, le persone che cercano rifugio spesso subiscono restrizioni sul lavoro e devono trasferirsi in un altro paese se le loro richieste di residenza permanente vengono negate. [Si veda l'infografica di "Nature" sull'economia delle migrazioni]

Effetto complessivo
Michael Clemens, economista del Center for Global Development, un think tank di Washington, afferma che l'analisi si differenzia da alcuni lavori precedenti perché si concentra su impatti di grandi dimensioni, invece che su elementi specifici di un'economia, come l'effetto degli immigrati sui salari locali. "Un'analogia è chePeet's, una catena statunitense di bar, potrebbe avere un effetto negativo su Starbucks, ma la concorrenza potrebbe far bene all'economia in generale", dice.

Clemens elogia la scelta del gruppo di D'Albis di usare un modello matematico che riduce sostanzialmente la possibilità che i cambiamenti economici derivino da fattori diversi dalla migrazione. "Il metodo limita notevolmente i fattori di confusione eliminando quelli con effetti a lungo termine", dice. Inoltre, il numero di nazioni valutate in trent'anni rende meno probabili quei fattori.

In un momento di grandi tensioni e di cambiamenti per le politiche dell'immigrazione negli Stati Uniti e in Europa, studi come questo possono aiutare i politici a valutare le conseguenze delle loro azioni. "Se tagli l'immigrazione per motivi culturali o di sicurezza, pagherai un prezzo economico", dice Clemens.

(L'originale di questo articolo è stato pubblicato su "Nature" il 20 giugno 2018. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.) 


di Amy Maxmen/Nature 

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